Marco Deiana
Clausola rescissoria

Cosa è (e come funziona) la clausola rescissoria

Non è raro leggere durante le sessioni di calciomercato, che esse siano invernali o estive, di trattative legate alla clausola rescissoria presente sul contratto di un giocatore. Ti sarà sicuramente capitato di leggerlo. E uno dei principali trasferimenti di mercato della storia del calcio è stato effettuato proprio sfruttando questo particolare. Che poi, ad onor del vero, il termine più corretto da utilizzare sarebbe quello di clausola di recesso, ma ormai nel giornalismo sportivo è più conosciuta come clausola rescissoria. In termini poco tecnici, si tratta di una clausola presente sul contratto che lega un giocatore ad un club con una cifra fissa – e non variabile – che può essere utilizzata per strappare il contratto.

Storia della clausola rescissoria

Come detto poco sopra, il termine clausola rescissoria non è del tutto corretto. Infatti – almeno considerando il diritto civile italiano – la rescissione di un contratto (in generale, non solo nel calcio) è possibile solamente in caso di pericolo e in caso di lesione.

Per questo motivo è più giusto definirla clausola di recesso ed è nata nel 1985 in Spagna per dare una sorta di libertà contrattuale agli atleti professionisti, senza però creare dei danni alla società. Proprio per questo motivo è stato creato questo indennizzo che un calciatore può sfruttare per liberarsi del contratto attivo con un club.

Chi paga la clausola rescissoria?

Al contrario di quanto si possa pensare, la clausola rescissoria (o clausola di recesso) deve essere pagata dal calciatore al club. Insomma, teoricamente una società non può pagare ad un’altra società l’indennità prevista dalla clausola per liberare un calciatore ma deve essere quest’ultimo a versare tutta la cifra al club.

Eppure nella comunicazione giornalistica sportiva questa regola sembra spesso sfuggire. Quando si parla di clausola rescissoria ci sono coinvolte due società e il calciatore fa quasi da spettatore.

Un particolare non di poco conto è quello legato al tipo di pagamento. Per attivare la clausola, l’indennizzo deve essere pagato tutto subito in un’unica soluzione. Poi capita, non di rado, che le società riescano a trovare un accordo che vada oltre la clausola rescissoria, ossia l’affare si chiude alla stessa cifra prevista nella clausola ma magari con pagamento rateizzato (come nel caso di Gonzalo Higuain quando passò dal Napoli alla Juventus, il trasferimento si è chiuso alla stessa cifra della clausola ma senza sfruttarla perché il pagamento è avvenuto rateizzato dopo un accordo tra le parti).

Un esempio di trasferimento tramite la clausola rescissoria

Qual è il trasferimento più oneroso della storia del calcio? Ti anticipo io: Neymar, passato dal Barcellona al Paris Saint-Germain per una cifra intorno ai 222 milioni di euro. Ecco, teoricamente quella cifra è stata versata dall’attaccante brasiliano al club spagnolo per liberarsi del contratto e trasferirsi a Parigi. In teoria è la stessa società francese ad aver versato – probabilmente tramite il giocatore – la cifra nelle casse della società blaugrana.

Da indennizzo a metodo per blindare un calciatore?

Nato come indennizzo per non rendere gli atleti schiavi dei contratti, senza però snaturare il contratto firmato con un club, con il corso del tempo è diventato un metodo per blindare i calciatori. Soprattutto in Spagna – dove ad ogni contratto è obbligatorio inserire una cifra come clausola di recesso – le cifre di indennizzo hanno raggiunto valori improbabili, con calciatori appena usciti dai settori giovanili che si ritrovano clausole da 200 milioni di euro o elementi di assoluto valore come Benzema che toccano anche il miliardo di euro, cifre irraggiungibili per qualsiasi proprietario di club al mondo.

In altri casi invece, la clausola di recesso – o clausola rescissoria, come siamo abituati a chiamarla – viene utilizzata per convincere i giocatori ad accettare una determinata destinazione. Con una cifra alla portata di alcuni club, si dà la possibilità al calciatore di accettare un contratto con la consapevolezza che da un momento all’altro potrebbe trasferirsi in una miglior squadra proprio grazie ad una cifra già stabilità al momento della firma, superando il rischio di rimanere bloccati in una squadra di piccola o media grandezza a causa delle esigenti richieste della dirigenza al momento di sedersi al tavolo delle trattative per una sua ipotetica cessione.

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